Meglio sole by Joy Fielding

Meglio sole by Joy Fielding

autore:Joy Fielding [Fielding, Joy]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788845403088
Google: 32DkAAAACAAJ
editore: Sonzogno
pubblicato: 1990-08-31T22:00:00+00:00


* * *

Capitolo 14.

Renèe sedette sull’ampio divano bianco al centro del gran salotto e fissò l’ultimo acquisto del marito, una brillante esplosione di colori di un artista della Florida chiamato Clarence Maesele. Illusionismo astratto, l’aveva definito Philip, e Renèe l’aveva trovata una descrizione buona quanto un’altra. Il dipinto le piaceva. Era colorato e dinamico e commuoveva.

Al contrario di gran parte delle opere d’arte che ornavano le pareti dell’appartamento di Philip (quando aveva cominciato a chiamarlo, perfino mentalmente, l’appartamento di Philip?), che consistevano in linee di colore statiche e piatte, la tela di Maesele era tridimensionale e la moltitudine di colori sembrava erompere in strati audaci ed erratici.

Di solito solo guardare quel dipinto la rendeva felice.

Quando Philip l’aveva portato a casa per la prima volta, qualche mese prima, annunciando di averlo acquistato quel pomeriggio (quando mai l’aveva consultata per un grosso acquisto, l’aveva mai consultata?), Renèe si era sentita eccitata e felice. (È un poco ansiosa. Forza, Renèe, ammettilo. Non si era nemmeno dato la pena di chiedere la tua opinione, se pensavi che costasse troppo, che l’avessero derubato, dove appenderlo, nemmeno se ti piacesse.) Lei era corsa a portargli squadra e matita perché potesse prendere le misure e segnare il punto in cui piantare il chiodo, poi l’aveva aiutato ad appendere il grosso dipinto, attenti a non rovinare la parete. Infine si era seduta a studiarlo, lasciando che gliene parlasse, formulando qualche osservazione propria ma tenendosela per sé, per timore che lui la censurasse o la trovasse ridicola. L’autorità in fatto di arte era Philip.

C’era stato un tempo in cui anche lei ne aveva saputo qualcosa, ma ultimamente non se ne era più interessata.

Forse si era lasciata sopraffare dal lato pragmatico dell’esistenza, forse aveva perso il senso delle priorità.

Renèe allontanò lo sguardo dal dipinto. Se normalmente la rendeva felice, quella sera la faceva sentire invece nervosa e anche un po’ triste. Pareva saltarle addosso, puntando un indice colorato e accusatore verso di lei, anche se non sapeva più bene di cosa la accusasse esattamente. Si volse verso Philip, in piedi in mezzo alla stanza, cercando di concentrarsi sulle sue parole per non essere accusata di non ascoltare.

“Scusa, Philip,” disse, sforzandosi di ricordare per cosa dovesse scusarsi, ma decidendo che non importava.

A lei, almeno.

“Mi stai interrompendo.”

“Scusa.”

Interrotto di nuovo. Scusa di nuovo.

Di cosa stavano discutendo? Quando erano cominciate tutte quelle discussioni?

C’era stata un’epoca in cui non litigavano mai, in cui le sue parole erano state dolci, morbide, rassicuranti e amorevoli, non dure, astiose e risentite. Dio, com’erano risentite. Dovrei essere io l’esperta delle parole, pensò. Sono io quella con la borsa piena di trucchi da avvocato. Non è questo che mi sta dicendo?

Non sta parlando della mia abilità a rigirare tutto quello che dice? Affrontalo, Renèe, ti piacciono i confronti, non lo dice sempre anche lui? Non dice che non sono contenta se non metto a disagio gli altri?

Eppure, all’inizio, c’era stato un tempo in cui non litigavano mai.

“Raccontami tutto quello che hai fatto oggi,” aveva detto lui una sera mentre facevano l’amore in tribunale.



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